Dopo un anno di detenzione è stato scarcerato Francesco Patamia, il tribunale della Libertà ha sostituito la reclusione in carcere con la misura cautelare degli arresti domiciliari con l’obbligo di braccialetto eletrronico. Patamia fu candidato alla Camera di “Noi Moderati”, la coalizione elettorale guidata da Maurizio Lupi quindi più affine politicamente al mondo ciellino. Patamia era in carcere dall’ottobre dello scorso anno, quando la Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna ha chiuso le indagini relative all’operazione “Radici”, che ha portato alla luce forti interessi della ‘Ndrangheta in Emilia. Patamia fu candidato nel collegio che comprende tutta la provincia di Piacenza e gran parte della Bassa Parmense (Busseto, Fidenza, Fontanellato, Pellegrino Parmense, Polesine Zibello, Roccabianca, Salsomaggiore Terme, Soragna), l’aspirante parlamentare era il presidente del Partito degli Europei e Liberali. Patamia fu arrestato dalla Guardia di Finanza, agli arresti finì anche il padre, Rocco, quella del 35enne, originario di Gioia Tauro, fu una candidatura fortemente voluta dai vertici di “Noi Moderati”: solo all’ultimissimo momento fu estromesso Piero Sasso, ex carabiniere e consigliere comunale a Sarmato (Piacenza), quest’ultimo aveva già firmato e consegnato i documenti per la candidatura quando parlando telefonicamente con un giornalista ebbe l’amara sorpresa. Destò meraviglia la scelta di aver fatto fuori “a tradimento”, senza mai dare alcuna spiegazione pubblica, l’ex carabiniere per inserire nella rosa dei candidati Patamia. Gli inquirenti ipotizzano una serie di investimenti compiuti per conto della ‘Ndrangheta in Emilia Romagna: sono stati sequestrati conti correnti, beni immobili e quote societarie per un valore complessivo di 30 milioni di euro. Sono complessivamente 34 gli indagati ma 23 le misure cautelari eseguite (quattro custodie in carcere, tre arresti domiciliari e 16 obblighi di dimora) molte delle persone coinvolte sono ritenute legate alle ‘ndrine dei Piromalli di Gioia Tauro e dei Mancuso di Limbadi. Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Bologna lo ha rinviato a giudizio insieme ad altre 29 persone.

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